ALER MILANO nasce il 12 agosto 1908 come IACP, Istituto per le Case Popolari, per volontà del Comune di Milano. Diventa “Azienda Lombarda per l’Edilizia residenziale” – ente socio economico dotato di propria autonomia e personalità giuridica – con la Legge della Regione Lombardia n. 13 del 1996.
Nei numerosi decenni di attività costruttiva dalla sua istituzione, ALER Milano ha realizzato un patrimonio abitativo pubblico che non ha pari in altre aziende europee del settore: circa 70.000 sono, ad oggi, gli alloggi di proprietà, e altrettanti quelli alienati in varie fasi della storia aziendale.
L’Istituto nasce in quanto, agli inizi del ‘900, la gestione del fenomeno della forte immigrazione spinta dall’industrializzazione costituiva motivo di grave preoccupazione per la città. Occorreva, con urgenza:
- individuare forme amministrative e tecniche per l’accoglienza della nuova classe operaia
- progettare strumenti per il controllo delle dinamiche socio-urbanistiche ed economiche
- sperimentare nuove proposte abitative adeguate alle esigenze delle nuove famiglie che si trasferivano dalle campagne a Milano, in una realtà completamente estranea alla propria.
Questi compiti furono affidati allo IACP.
Sinteticamente, la missione del nuovo organo, nelle parole con le quali Il Sindaco di allora, il Senatore Ettore Ponti, presentò il progetto al Consiglio Comunale il 24 giugno 1908, era quella di “provvedere alloggi igienici e a buon mercato alle classi meno abbienti”. Ma in realtà si è fatto molto di più, in quanto si è scritta la storia socio-urbanistica di gran parte del territorio milanese e del suo hinterland.
Il decreto di costituzione del 1908 fu firmato dal Re d’Italia Vittorio Emanuele II.
Da allora, gli oltre centodieci anni della storia* dell’Ente possono essere sintetizzati per fasi:
Fine ‘800 inizi ‘900. Il contesto storico
La città di Milano, dopo l’Unità d’Italia, conobbe uno sviluppo economico crescente che attirava imprenditori e molti lavoratori verso la città. Il capoluogo tendeva ad estendersi soprattutto verso nord, poiché la zona sud risultava malsana a causa delle numerose risaie che la rendevano invivibile, in particolare nei mesi estivi. Gli edifici sorgevano spontaneamente a ridosso delle grandi vie di comunicazione verso l’esterno, senza collegamenti trasversali. I Piani regolatori di fine ‘800 portarono un po’ d’ordine, ma la crescita economica alimentava la domanda di abitazioni e generava speculazioni. Fu quindi alla fine del XIX secolo che il problema delle abitazioni popolari si fece impellente. Il censimento delle abitazioni promosso dalla società Umanitaria nel 1903 e la coeva inchiesta del Comune di Milano, registrarono le “deplorevoli condizioni di igiene e sovraffollamento negli agglomerati operai monocellulari”, case mal costruite, con vani piccolissimi, in contrasto continuo con il regolamento d’igiene di allora.
Per questo l’Amministrazione comunale decise di costituire una azienda municipale per le case popolari, anche grazie alle facilitazioni consentite dalla legge Luttazzi approvata nel 1903. La legge era volta a stimolare enti pubblici, privati, cooperative a costruire case popolari con agevolazioni da parte dello stato e degli enti locali (sostegni finanziari, cessione di aree fabbricabili del demanio, esenzioni fiscali, mutui a tasso di favore). La Luttazzi è, a tutti gli effetti, la prima legge che in Italia istituisce finanziamenti pubblici per la creazione di abitazioni a basso reddito, e ha avuto il merito storico di avviare una lunga stagione di sperimentazioni sul tema della residenza sociale.
Nel 1908, in questo contesto storico-urbanistico e socio-economico, nasceva l’Istituto per le Case Popolari ed economiche di Milano.
1908 – 1913. Gli inizi
Il regio decreto di costituzione dell’Istituto venne licenziato il 12 agosto del 1908. Il Consiglio di Amministrazione si riunì per la prima volta il 29 febbraio 1909: Francesco Pugno venne eletto primo Presidente dell’Istituto e Alessandro Schiavi divenne il primo Direttore Generale nel 1910. Grazie all’attivismo dei due vertici e ad una perfetta sinergia operativa avviata con la Giunta Comunale, lo IACP si attivò immediatamente, e nel primo quinquennio realizzò, termino e assegnò i seguenti quartieri:
- Lulli (nuova realizzazione)
- Spaventa (completamento)
- Lombardia, Cialdini e Niguarda (assegnazione).
Questi ultimi stabili si caratterizzavano come grandi fabbricati a cortile chiuso, disposti su quattro lati e composti da sette unità: sei edifici da 4-5 piani ed uno comprensivo di tre villette plurifamiliari. Il canone di locazione applicato, sulla scorta dell’esperienza anglosassone, non doveva superare il 18% del salario medio operaio.
In questi anni, l’Istituto realizzò molta attività di tipo assistenziale: giardini d’infanzia, biblioteche popolari, scuole professionali e un segretariato sociale per gli inquilini.
1914 – 1923. L’innovazione
Nel 1914 si attua una complessiva riorganizzazione dello IACP finalizzata a rendere più rapidi i processi decisionali ed esecutivi. Viene istituito un Ufficio Tecnico interno, diretto dall’Architetto Giovanni Broglio, cui venne affidata la responsabilità dei progetti di costruzione precedentemente assegnata a professionisti esterni all’Istituto. Inizio un periodo di grande produttività. nel solo 1919 vennero realizzati i villaggi di casette dell’altezza massima di un piano nei quartieri Baravalle, Campo dei Fiori, Gran Sasso e Tiepolo, il cui impianto estetico-architettonico si ispirava alla città giardino inglese.
L’intensa attività realizzativa ebbe la sua massima espressione nella progettazione di nuovi complessi residenziali: Vittoria, Genova, Magenta, Tiepolo e Pascoli, Botticelli, Friuli, Andrea del Sarto e Monza. Per questi fabbricati fu studiata una nuova tipologia di casa popolare, caratterizzata dalla presenza di cortili e giardinetti interni, di motivi decorativi sulle facciate come bow-window, mensole, cornici e frontoni, tipici delle abitazioni borghesi dell’epoca.
Oltre all’opzione dell’affitto semplice, furono introdotti in questi anni il “deposito a sovvenzione” e il “patto di futura vendita”. L’ultima iniziativa assunta dall’Istituto prima dell’avvento dell’era fascistam fu la stipula di una convenzione con la Pirelli e con la Breda, una partnership pubblico-privata per la costruzione del villaggio Borgo Pirelli (1922) e del Borgo Breda di Sesto San Giovanni (completato nel 1926).
1923-1931. L’era fascista
Con la salita al potere del governo Mussolini furono attuati provvedimenti edilizi volti al contenimento degli effetti demografici, che non facilitarono il ruolo delle IACP. Dal luglio del 1923 e per i successivi sette anni, l’abrogazione del blocco dei fitti fece salire vertiginosamente i canoni, ma nonostante il divieto per l’Istituto di produrre direttamente materiali edilizi, si riuscì a proseguire lungo una linea di sostanziale espansione dell’attività realizzativa volta a soddisfare una domanda crescente di appartamenti in quanto, nonostante tutto, la popolazione milanese continuava ad aumentare vertiginosamente
Tra il 1925 e il 1931, sotto la presidenza di Giuseppe Borgomaneri, vennero infatti costruiti ben venti quartieri di edilizia residenziale pubblica: Piola, Vanvitelli, Stadera, Solari, Villapizzone, Bibbiena, Bellinzaghi, Romagna, Forlanini, Aselli, Anzani, Mazzini, Polesine, Calvairate, Giambologna, Plinio, Lipari e Piolti-De Bianchi. Gli insediamenti rispondevano a tre differenti tipologie, ognuna destinata a ceti diversi:
- le case a riscatto, per la borghesia cittadina
- le case popolari di tipo comune, per la sola locazione a gruppi sociali eterogenei
- le case ultrapopolari, per le classi più povere.
Per far fronte all’emergenza abitativa, l’Istituto costruì anche le “case minime”, alloggi piccolissimi e privi di qualunque elemento decorativo, destinati provvisoriamente ai senzatetto, agli immigrati e agli sfrattati.
1932 - 1942. Il razionalismo
Nel 1932 fu indetto un concorso ed ebbe inizio l’iter burocratico per la progettazione e realizzazione del quartiere San Siro. Fu una svolta nel campo della sperimentazione dell’edilizia popolare. Iniziò un dibattito fra professionisti e studiosi razionalisti che emerse in maniera impattante in occasione della Triennale del 1993. Bottoni e Griffini, eminenti esponenti della nuova corrente, giunsero a proporre una nuova concezione del problema dello spazio, da organizzare in base al numero degli abitanti, per ottenere una superficie minima. Con il fine di utilizzare al meglio lo spazio, ogni elemento strutturale fu pensato per poter essere prodotto in serie e gli alloggi cominciarono ad essere consegnati provvisti di arredo. Estetica, funzionalità ed economia si accordavano in realizzazioni di estrema semplicità. Ne sono esempi i quartieri:
- San Siro – progettista gruppo Albini
- Rioni Baracca e Bossi – progettisti Cesare e Maurizio Mazzocchi
- Fabio Filzi – Albini, Palanti e Camus (apogeo razionalista nell’architettura popolare).
L’avvento della guerra rallentò sensibilmente l’opera di edificazione, che si interruppe del tutto alla fine del 1942.
1946 -1955. La ricostruzione e lo sviluppo
Alla fine della seconda guerra mondiale, gli alloggi dello IACP resi inagibili dai bombardamenti rappresentavano il 60 % del patrimonio complessivo gestito dallo IACP, il cui consiglio di amministrazione venne sciolto. Fu nominato Commissario Straordinario Giuseppe Moro, che nel 1946 assunse la carica di Presidente con il compito di ricostruire le strutture direttive e operative dello IACP. La ripresa dell’attività fu resa possibile da finanziamenti e sostegno della Giunta Comunale: in un biennio furono ricostruiti 4.528 vani e venne avviato il progetto per la realizzazione del quartiere Varesina.
Nel 1949, l’approvazione del piano Fanfani che prevedeva finanziamenti statali strutturali alle IACP consentì l’avvio di una programmazione articolata di interventi, 1.735 vani e 541 locali in undici comuni dell’hinterland a forte vocazione industriale e nuovi complessi abitativi in città: Harar Dessiè, Montegani, Boccioni, Mangiagalli, Omero, Pezzotti, Lorenteggio e Baggio. A partire dagli anni ’50 lo IACP cominciò a collaborare in modo più dinamico con Stato ed Enti Locali, e diventò lo strumento propulsivo del processo di espansione economica e sociale della città. Sotto la Presidenza Ripamonti, nel biennio 1951-1952 furono realizzati 6.500 nuovi locali. Nel 1955 grazie ai fondi statali destinati all’edilizia, con nuove costruzione lo IACP arrivò ad un patrimonio di 36.575 alloggi.
1956-1965. Il boom economico
Il quinquennio 1956-1960, conosciuto come il periodo del “miracolo economico”, si caratterizzò per le innovazioni urbanistico-architettoniche con le quali lo IACP fece fronte all’emergenza dei nuovi flussi migratori. Vennero realizzati i quartieri Barzoni, Lorenteggio- Inganni, le casette unifamiliari di Primaticcio e Palmanova, Meda e Vialba, quest’ultimo progettato da Zanuso e Caccia Dominioni, un lotto del gallaratese e taliedo. Innovazioni emblematiche furono adottate dallo IACP nella costruzione dei quartieri Ca Granda Nord, in cui si fece ricorso al cemento armato per l’ossatura, tamponamenti in mattoni forati e apannelli prefabbricati per le finestre, e Comasina, il primo esempio di complesso residenziale autosufficiente italiano (completo di negozi e servizi).
Dopo il 1959 lo IACP visse un periodo di crisi notevole finanziaria dovuta alla contrazione dei finanziamenti pubblici e privati destinati all’ERP. Ciononostante furono realizzati ancora i quartieri Chiesa Rossa, Forlanini nuovo e Feltre. Quest’ultimo supera il paradigma del complesso autosufficiente e rappresenta una soluzione di inserimento di un nuovo comparto residenziale nel tessuto urbano costruito.
1966-1975. La morosità, la politica dell’ascolto e del rigore
Dura un decennio la costruzione del quartiere Gratosoglio, completato nel 1972 lungo via Dei Missaglia. Vengono scelte le grandi dimensioni e la ripetitività dei moduli, con ricorso sistematico alla prefabbricazione. Gli anni ’60 si concludono con la progettazione dei quartieri esclusivamente residenziali Sant’Ambrogio, Monte Rotondo, gallaratese II, La Spezia e San Leonardo, e con l’esplosione della piaga della morosità che caratterizzerà gli anni ’70. La forte conflittualità fra i vertici dello IACP e i rappresentanti degli assegnatari, dovuta a problemi di isolamento e aumento degli affitti, sfocia nel 1969 alla dichiarazione di astensione dal pagamento del canone. Per arrivare ad un accordo, sotto la Presidenza Costantino venne attuata la riforma del Consiglio di Amministrazione, al cui interno trovarono posto le organizzazioni sindacali e i rappresentanti degli inquilini, cui venne concesso un importante potere decisionale. La politica dell’ascolto e del rigore portò ad un ridimensionamento della morosità e ad un rilancio delle attività dello IACP.
1976-1985. Le sperimentazioni progettuali e amministrative
Tra il 1975 e il 1980 vennero realizzate numerose tipologie di “torri”, di altezza compresa fra i 30 e i 60 metri e in grado di ospitare tra i 50 e i 100 appartamenti l’una. Parallelamente, in collaborazione con il Comune, si procedette al recupero del patrimonio degradato del centro storico (Corso Garibaldi, Piazza Santo Stefano, Via Scaldasole, Porta Ticinese e Corso XXII Marzo) e di valorizzazione dei quartieri di “case minime”. La ricerca e l’innovazione si concentrarono su risparmio energetico, nuovi impianti tecnologici e recupero dell’energia solare. Dal punto di vista amministrativo, nel corso dei primi anni ’80 fu avviata una politica di repressione dell’abusivismo e di accurata verifica dei redditi denunciati dagli inquilini (oltre 100.000 nuclei familiari) che si concluse con la revisione dei canoni e la soppressione del canone sociale. Il risanamento auspicato però non si realizzò, e le nuove realizzazioni furono sempre più rare negli anni a venire.
1986-1995. Gli anni del ripensamento
E’ questo il decennio in cui lo IACP è costretto per ragioni finanziarie a rivedere il proprio ruolo di protagonista dello sviluppo immobiliare e a riassestarsi sulla gestione del patrimonio esistente. Le cause, oltre all’abusivismo, alla morosità, e alla concorrenza delle cooperative, furono i tagli ai finanziamenti statali, che portarono ad una paralisi dell’attività realizzativa. Si aggiungeva a ciò l’eccessiva burocratizzazione che nei 90 anni di vita aveva caratterizzato l’operatività dell’Istituto, troppo appesantita e obsoleta e non più in grado di perseguire con efficacia i nuovi obiettivi aziendali. Fu in quegli anni evidente l’assoluta necessità di una profonda trasformazione del vecchio IACP in un nuovo ente.
1996-2006. Da IACP ad ALER Milano
Il 10 giugno 1996, con Legge regionale n. 13, viene istituita l’Azienda Lombarda per l’Edilizia Residenziale, erede diretto dello IACP. In continuità dinamica con l’operato dell’Istituto, la struttura e le funzioni di ALER Milano vengono ripensate per consentire un allineamento dell’operato dell’azienda alle continue trasformazioni politiche, economiche, culturali e sociali che investono la città di Milano e la sua vasta area metropolitana. ALER Milano diventa il soggetto pubblico-economico preposto alla gestione e allo sviluppo del patrimonio di Edilizia Residenziale Pubblica di città e provincia.
Partono in questo decennio progetti importanti di recupero e riqualificazione di importanti aree urbane, fra cui gli 11 Contratti di Quartiere. La rinascita aziendale si qualifica in questi anni nella progettazione e direzione di un centinaio di cantieri aperti grazie allo stanziamento straordinario di 400 miliardi di lire. Sono gli anni in cui l’Azienda deve far fronte con nuove politiche di housing sociale alle istanze abitative espresse da diverse categorie di utenti: anziani, extracomunitari, giovani coppie, genitori single, studenti, lavoratori a temporanei. L’ALER lo fa attraverso nuovi strumenti operativi, le partecipate, pensate per poter affrontare in maniera targettizzata le diverse problematiche (il social housing, i campus universitari, la gestione dell’energia, le Residenze Sanitarie Assistenziali, ecc.).
*estratto dal catalogo della mostra “100 anni di Edilizia residenziale pubblica a Milano” AAVV 2008